La mia ricerca artistica si concentra sulla sperimentazione tecnica e sulla trasformazione di materiali dismessi. Opero convertendo oggetti e superfici preesistenti in strutture visive che proseguono una narrazione interrotta, ridefinendo la funzione originaria attraverso il linguaggio dell’arte.
Rifiuto l’uso di supporti neutri o nuovi e non lavoro su tele predisposte: preferisco ciò che ha già vissuto, che porta con sé tracce del tempo e dell’uso. La mia pratica si fonda sull’atto di conversione – formale e simbolica – che mi permette di costruire un’identità visiva autonoma, non convenzionale.
La sostenibilità non è il mio punto di partenza, ma una conseguenza inevitabile della mia pratica perché il recupero dei materiali si integra naturalmente nel mio processo, che mira a spostare continuamente i confini tra pittura, scultura e installazione, elaborando metodi inediti per interrogare materia, tempo e percezione.
In questo senso, mi trovo pienamente inserita in un contesto storico che richiede risposte concrete all’urgenza ambientale. Lavorare con materiali di scarto diventa così anche una forma attiva di consapevolezza, in dialogo con il presente.
Sviluppo tecniche originali, nate da una sperimentazione costante. Con il Reverse on Glass, integro elementi naturali tra vetro e colla vinilica, generando composizioni sospese tra trasparenza e blocco. Uso la gomma lacca in modo completamente personale, sovvertendone l’uso tradizionale per ottenere superfici vibranti, epidermiche.
Con la tecnica Ironed Plastic, trasformo materiali di scarto plastici in materia pittorica, ma non solo: la plastica è anche la mia possibilità di relazione con la collettività. Grazie a questa pratica ho attivato workshop, laboratori, momenti di condivisione, aprendo il mio processo a un confronto vivo e diretto con il pubblico.
Il mio linguaggio visivo è atmosferico, non illustrativo; costruisco paesaggi evocativi e tensioni simboliche che riflettono sul rapporto fra naturale e artificiale, permanenza e trasformazione.
La mia pratica si sviluppa in autonomia rispetto a logiche di mercato o a interessi estranei alla mia ricerca.
L’arte, per me, è una condizione dell’essere: non qualcosa che si fa, ma qualcosa che si è.
È attraverso il lavoro quotidiano che continuo ad approfondire la relazione con la materia e con ciò che mi attraversa. Ogni opera è parte di un processo più ampio, che non ha fine ma evolve, nutrendosi di ricerca, rigore e ascolto.